A PROPOSITO DI AIDS..

11.12.2025

A PROPOSITO DI AIDS E INFEZIONE DA HIV

Il primo dicembre ricorre la Giornata mondiale contro l'AIDS. Anche quest'anno si è tornato a parlare di questa malattia e di HIV, di infezioni correlate, e tutto ciò che ne consegue dal punto di vista sanitario e non solo.

Dal 1988, anno dell'istituzione di questa giornata, la medicina ha fatto passi da gigante, soprattutto dal punto di vista terapeutico, a beneficio di quella popolazione mondiale che purtroppo è vittima di questo contagio.

I soggetti chiamati in causa dai numeri, secondo le ultime statistiche, cosi come negli anni addietro (a dire il vero, in tal senso si tratta di una conferma), sono i giovani al di sotto dei 30 anni di età.

Il dato allarmante, tuttavia, è rappresentato però dai giovanissimi: ossia quei soggetti che hanno sotto i vent'anni di età; in questo caso però, non sono i numeri a dare l'idea della difficoltà, bensì la legge che regola in ambito sanitario, la condotta da seguire. Per questi soggetti, non ancora maggiorenni, infatti, il problema è già doppio, prima ancora di porsi.

Innanzitutto, la questione nasce già solo se si parla di prevenzione: dal momento che non si è raggiunta ancora la maggior età, l'esecuzione del test a monte, è in pratica solo un'azione da poter compiere sulla carta. Per la legge, infatti, essendo i minori sotto la tutela genitoriale, esprimere la propria volontà ad eseguire il test, vuol dire di fatto "svelare" a volte, alla famiglia di origine, un aspetto della propria vita decisamente personale e intimo, in quanto sono proprio i genitori a dover autorizzare il relativo prelievo di controllo.

E qui il primo paradosso: i ragazzi oggigiorno hanno molte libertà (grazie a Dio), anche quella di poter compiere le proprie scelte sessuali e sentimentali senza dover giustificare i propri gusti e le proprie inclinazioni, ma per la legge non hanno la facoltà di poter decidere autonomamente il controllo sullo stato della propria salute.

Non bastasse ciò, nel caso in cui risultasse un contagio, anche questo verrebbe alla luce (con tutto quel che ne consegue dal punto di vista medico/terapeutico) agli occhi del mondo.

È chiaro che il problema non è "lo svelamento alla famiglia" (che rimane tuttavia un caposaldo per quanto riguarda l'aiuto e il supporto agli interessati), bensì, tutti i preconcetti culturali che la condizione dell'eventuale contagio porta con sé.

In un passato anche relativamente recente, purtroppo, aver contratto l'HIV e successivamente sviluppare la malattia AIDS, voleva dire finire ghettizzati, messi ai margini della società, anche per mano degli affetti più cari. Nel corso degli anni, la questione è purtroppo, solo apparentemente superata: si pensi alle violenze di genere e alle vessazioni che le persone sono costrette a subire in nome di una pseudo cultura decisamente anacronistica e disumana.

La famiglia o, meglio, alcune famiglie, purtroppo non fanno eccezione; laddove questa istituzione dovrebbe racchiudere in sé i concetti di accoglienza, supporto, aiuto e, soprattutto, amore, a volte essa stessa capovolge ogni più rosea speranza. I motivi sono legati soprattutto alla mancanza di informazione, di cultura, di apertura mentale, con ripercussioni a volte anche gravi.

L'HIV come diverse altre malattie è trasmesso nella maggior parte dei casi, per via sessuale, e questo nel 2025, quando la cultura e l'informazione dovrebbero farla da padrone, rimane ancora il vero nodo da sciogliere: non può essere questo aspetto, denigratorio per un essere umano, come in passato (parliamo del medio evo, praticamente!) sono stati l'essere uomo o donna, essere bianco o nero, ricco o povero, di fede cristiana o altro credo religioso.

Tuttavia, vale sempre la pena ricordare due punti fondamentali:

  • infezione da HIV non vuol dire necessariamente malattia: infatti si parla di AIDS, inteso come malattia appunto, quando l'aver contratto il virus ha portato ad un decadimento fisico tale per cui si sviluppa la patologia. È importantissimo questo aspetto perché se ci si approccia con fiducia alla cultura del controllo sanitario, almeno annuale, si riescono a conoscere in tempo eventuali trasmissioni senza che queste portino alla malattia; iniziare le cure in tempi congrui oggigiorno, vuol dire aprire la speranza ad una prospettiva di vita che arriva addirittura ai quarant'anni, garantendone uno stile buono dal punto di vista della quotidianità.

  • bisogna attuare nella pratica giornaliera, il concetto di prevenzione, associato ad uno stile di vita consono; entrambi rivolti alla protezione della propria persona: l'uso del profilattico, soprattutto; checché se ne dica, questo, resta lo strumento più "popolare", idoneo e accessibile anche dal punto di vista prettamente economico.

Rimane aperta la questione legislativa per la popolazione minorenne; purtroppo, a distanza di anni, non è stata ancora ovviata (per i maggiorenni invece, alcune leggi garantiscono privacy e discrezione) ma ci si augura che venga risolta al più presto, magari con l'aiuto delle istituzioni sanitarie/sociali, senza per questo sottrarre alle famiglie, la potestà di cui sono e restano investite.

È chiaro che meglio sarebbe se non ci si dovesse mai rivolgere a questi servizi, ma occorre prendere consapevolezza del fatto che l'essere umano in generale non è una realtà statica, e che il mondo progredisce e si emancipa solo se, anche gli aspetti meno "di facciata" come potrebbe essere una legge appannaggio di una sola fetta di popolazione minorenne, riesce a garantire uguaglianza di trattamento in qualsiasi aspetto della vita della persona.

Dicembre 1/12/ 2025

Alessandro La Posta